22 gennaio 2016. Con il pretesto di combattere la proliferazione di “falsi Buddha” che approfittano del loro status per ingannare e sottrarre denaro ai fedeli del buddismo tibetano, il 18 gennaio la Cina ha per la prima volta pubblicato la lista dei “Buddha viventi autentici”.
Nella lista figurano i nomi di 870 “Buddha autentici” dei quali vengono fornite non solo le generalità e le fotografie ma anche i nomi religiosi, i monasteri di appartenenza, i titoli accademici conseguiti e la setta religiosa di appartenenza. Secondo l’agenzia di stato Xinhua che ha diffuso il rapporto, stilato dall’autorità cinese per gli Affari Religiosi, il provvedimento è stato adottato per limitare il crescente numero dei “falsi Buddha”. Il database è accessibile via internet e può essere oggetto di modifiche. La pubblicazione della lista è avvenuta nel corso di una cerimonia svoltasi a Pechino, presso il Tempio Guanji, sede dell’Associazione Buddhista Cinese. Nel darne l’annuncio, l’agenzia Xinhua ha riportato il positivo commento di Drukhang Thubten Khedrup, una delle reincarnazioni menzionate nella lista: “Come Buddha vivente, sono sinceramente felice di questa iniziativa”.
E’ tuttavia evidente che la mossa di Pechino è motivata dal desiderio di riaffermare il proprio diritto a decidere sulle reincarnazioni. In un’intervista al Time, Nicholas Bequelin, direttore per l’Asia orientale di Amnesty International, ha affermato che la Cina avrebbe pubblicato la lista per prepararsi alla successione dell’attuale Dalai Lama. Lo scorso 2 dicembre 2015, nel corso di un’intervista rilasciata all’agenzia di stato Global Times, Zhu Weiqun, presidente del Comitato per gli Affari Esteri e Religiosi aveva dichiarato che la Cina non rinuncerà mai al diritto di decidere in merito alla reincarnazione del Dalai Lama.
“La questione non è mai stata solo di natura religiosa né ha a che fare con i diritti individuali del Dalai Lama” – aveva detto Zhu Weiqun – ma è in primo luogo e soprattutto un’importante questione politica e un’importante evidenza della sovranità del governo centrale cinese in Tibet. Aveva inoltre aggiunto che, essendo il Dalai Lama il primo leader politico del Tibet “chiunque avrà il titolo di Dalai Lama deterrà il potere politico in Tibet”. Per questo motivo, aveva affermato Zhu, la Cina non rinuncerà mai al diritto di decidere sulla questione della reincarnazione.
Preoccupazione per la salute del Dalai Lama
Il Dalai Lama è partito il 19 gennaio per gli Stati Uniti dove verrà sottoposto a un checkup generale e a un trattamento della prostata presso la Mayo Clinic di Rochester, nel Minnesota. Dopo quattro settimane di riposo, sarà di ritorno a Dharamsala nel mese di marzo. Da tutti noi l’augurio di pronta guarigione e di lunga vita.
Fonti: BBC news – The Post – TSG – Phayul