Obama, il Nobel, e la visita del Dalai Lama

di Anthony M. Quattrone
(Avanti!, 16 ottobre 2009)
L’annuncio fatto lo scorso venerdì che il premio Nobel per la pace per il 2009 sarà assegnato a Barack Obama è sorprendente, perché il giovane presidente americano non ha ancora avuto il tempo necessario per portare a termine qualche importante iniziativa in politica estera, nel bene o nel male. Lo stesso Obama è apparso alquanto sorpreso dall’attribuzione del premio, e ha immediatamente dichiarato che lo considera più una “chiamata all’azione” per una politica di pace da parte sua, dell’America, e delle persone di buona volontà, piuttosto che un riconoscimento per qualcosa che avrebbe fatto.
Molti osservatori riconoscono che Obama ha portato nella politica estera americana una ventata d’aria fresca, o, addirittura, un piacevole ritorno al passato, dove la diplomazia torna di nuovo in primo piano, e dove l’azione multilaterale va a sostituire quella unilaterale da parte della superpotenza d’oltreoceano. Obama non fa alcun mistero della sua preferenza per una politica realista, abbandonando l’idealismo di George W. Bush, mettendo chiaramente in secondo piano l’esportazione della democrazia e dei principi occidentali di libertà, privilegiando la necessità di dialogare con tutti, su tutto. Obama, tuttavia, non considera il realismo nella politica estera come l’abbandono della lotta per la libertà in ogni angolo del mondo a favore di una cinica azione basata sugli interessi economici, politici, e militari americani, ma ritiene che attraverso il dialogo, utilizzando metodi di convincimento alternativi allo scontro diretto basato sulla chiusura e l’uso della forza, si può anche avanzare i diritti civili e la libertà.Le critiche per l’assegnazione del Nobel per la pace ad Obama sono piovute da destra e da sinistra, sia negli Stati Uniti, sia nel resto del mondo. È difficile comprendere, per alcuni, perché Obama è già meritevole di un riconoscimento così alto, specialmente quando c’erano altri candidati che avevano già dimostrato di meritare il premio per il loro impegno non violento nella lotta per avanzare i diritti civili, o per l’avanzamento della pace nel mondo. In America, alcuni commentatori di destra considerano l’assegnazione del premio il riconoscimento che il presidente americano piace a quella parte del mondo che non vuole un’America capace di difendersi con la forza. Questi stessi commentatori di destra vedono il premio come un peso al collo del presidente, e come un tentativo da parte dei “pacifisti” di legare le mani al presidente nelle scelte che dovrà fare rispetto all’uso della forza in Afghanistan. Le critiche ad Obama sono arrivate anche dai Taleban, da Hamas e da Gino Strada, il fondatore di Emergency, così come da personaggi della destra americana capeggiati da Rush Limbaugh, che conduce da diversi mesi, attraverso il suo programma radiofonico, un attacco costante contro il presidente. Anche il presidente del Comitato nazionale repubblicano, Micheal Steele, ha attaccato Obama pubblicamente, scrivendo, in un comunicato diffuso dal partito, che “la vera domanda che si pongono gli americani è: che cosa ha realizzato veramente il presidente Obama? È spiacevole che il potere di star del presidente abbia messo in ombra instancabili attivisti, che hanno raggiunto traguardi lavorando per la pace e i diritti umani. Una cosa è certa, il presidente Obama non riceverà nessun premio dagli americani per i posti di lavoro creati, la responsabilità fiscale o per aver messo da parte la retorica per le azioni concrete”.

Il premio ad Obama è stato annunciato proprio mentre si concludeva la visita in America di un altro premio Nobel per la pace, Sua Santità il 14° Dalai Lama, al quale fu assegnato il massimo premio proprio vent’anni fa, in riconoscimento della sua determinata lotta non violenta a favore dei diritti del popolo tibetano. Qualche giorno prima dell’annuncio dell’assegnazione del Nobel, era partita una campagna di stampa mondiale di critica ad Obama perché avrebbe rifiutato di incontrare il Dalai Lama durante il soggiorno di quest’ultimo a Washington. È interessante notare che la notizia del “rifiuto” è rimbalzata in tutto il mondo, nell’arco di 24 ore, ed è stata rilanciata anche dai giornali italiani, senza controllare la precisione della notizia. Una nota dell’Adn-Kronos del 10 ottobre 2009, nel riassumere le reazioni all’assegnazione del premio ad Obama, riferisce una dichiarazione del vice ministro alle Infrastrutture, Roberto Castelli, secondo cui “il presidente Obama nel nome di una feroce real politik rifiuta di ricevere il Dalai Lama, che da anni si batte per far riconoscere i diritti della sua patria calpestata e umiliata, e giustamente oggi riceve il Nobel per la pace… ”.

I maggiori giornali hanno ignorato la notizia che Obama aveva inviato emissari di alto rango, a parlare con il Dalai Lama a Dharamsala il 13 e 14 settembre, per coordinare l’approccio da tenere in vista del viaggio che Obama deve fare in Cina a metà novembre. Secondo il sito ufficiale del Dalai Lama, il sottosegretario agli Esteri, Valerie Jarrett, e la coordinatrice speciale per gli affari tibetani del Dipartimento di Stato, Maria Otero, hanno incontrato sia il Dalai Lama, sia il primo ministro del governo tibetano in esilio, Samdong Rimpoche a Dharamsala, in India. Il comunicato, pubblicato il 14 settembre 2009 sul sito www.dalailama.com, dichiara che “Sua Santità auspica di incontrare il presidente Obama dopo la visita del presidente stesso in Cina”. Nel comunicato si legge che “La signora Jarrett ha discusso con Sua Santità su quale poteva essere il miglior modo per gli Stati Uniti d’America di aiutare a risolvere la questione tibetana, in particolare durante il primo viaggio di Obama in Cina a novembre. Sua Santità ha riferito alla signora Jarrett i temi che vorrebbe che il presidente Obama portasse con sé quando visiterà la Cina. Sua Santità ha anche trasmesso la sua forte convinzione che gli Stati Uniti e la Cina devono avere rapporti molto buoni basati su principi corretti”.

L’assegnazione del premio Nobel per la pace ad Obama è sicuramente un incoraggiamento a lavorare in modo non violento, per la risoluzione dei conflitti e per l’avanzamento dei diritti civili nel mondo, così come Obama farà sicuramente durante la sua visita in Cina. La critica fatta da coloro che credono che Obama non abbia ancora fatto niente di particolarmente rilevante per meritarsi il Nobel è sicuramente fondata. Chi nega, invece, che il giovane presidente stia lavorando per riportare il confronto politico internazionale sul terreno della diplomazia, non è interessato all’avanzamento della pace o dei diritti civili, ma solo ad un tornaconto politico immediato.

di Anthony M. Quattrone
Avanti!
16 ottobre 2009