25 settembre 2018. Tre monaci del monastero di Kirti, situato nella Contea di Ngaba, provincia del Sichuan, sono stati arrestati e si trovano tuttora in stato di isolamento per aver protestato da soli, in tre diversi momenti, contro il regime cinese.
Il primo arresto è avvenuto il 5 settembre. Dorje Rabten, un monaco di ventitré anni appartenente al monastero di Kirti (nella foto) ha lasciato da solo il monastero e ha percorso le strade di Ngaba al grido di “Libertà per il Tibet”. E’ stato immediatamente fermato e non si hanno più sue notizie.
Il secondo arresto è avvenuto il 6 settembre. Tenzin Gelek, un monaco diciottenne appartenente al medesimo monastero ha dato vita a una seconda manifestazione di solitaria protesta invocando pubblicamente la libertà per il suo paese. I giorni precedenti, usando lo pseudonimo “Sarin” aveva postato sul suo account WeChat due frasi di condanna dell’occupazione. “Pensate che io possa continuare a vivere”? si leggeva in uno dei due post indirizzati al “Partito Comunista Cinese”.
Un terzo monaco di cui però non si conosce il nome è stato fermato e trattenuto in isolamento all’inizio del corrente mese. Due monaci dell’omonimo monastero di Kirti in India hanno confermato che i tre arrestati hanno manifestato separatamente e che dal momento del loro arresto non è trapelata alcuna notizia sulla loro sorte e le loro condizioni. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha condannato la detenzione in isolamento dei tre monaci passibili di tortura e trattamento disumano e ne ha chiesto l’immediata liberazione affermando che le proteste pacifiche sono un diritto riconosciuto dalle leggi internazionali che la stessa Cina ha riconosciuto e ratificato.
Il monastero di Kirti e la città di Ngaba sono stati teatro di numerosi casi di autoimmolazione e proteste seguite da repressioni e arresti arbitrari da parte delle autorità cinesi. Nel monastero, che conta oltre 2500 monaci, si sono immolati, almeno venti tra monaci ed ex monaci, il primo fu il ventiquattrenne Tapey deceduto il 27 febbraio 2009. In centinaia sono scomparsi e molti sono stati condannati, con l’accusa di “sovversione”, a pene detentive di diversa durata.
Nella primavera del 2011 i monaci furono sottoposti a dure sessioni di ri-educazione patriottica. Per lunghe ore i funzionari governativi interrogarono i religiosi imponendo loro lealtà e fede nel Partito. In quei giorni, il locale capo del Dipartimento del Fronte Unito per il Lavoro disse ai monaci: “La chiusura o la distruzione del monastero è nelle vostre mani, dipende dal vostro comportamento”. “A causa delle vostre attività illegali – proseguì – dal 2008 ad oggi la Contea di Ngaba non ha avuto pace e le vostre proteste hanno vanificato la sicurezza dell’intera regione”. Fu imposto il coprifuoco e ai monaci fu vietato di uscire dai dormitori, possibilità peraltro del tutto remota a causa della presenza di un altissimo numero di guardie e forze dell’ordine.
Fonti: Radio Free Asia – Phayul – TCHRD – Redazione