19 novembre 2020. È una delle richieste del movimento per la democrazia. Il giudice Chow smentisce il capo dell’esecutivo: L’attuale sistema viola la Carta dei diritti del 1991.
L’Alta corte cittadina ha stabilito oggi che il meccanismo in uso per gestire le denunce nei confronti della polizia viola La Carta dei diritti sulla tortura e i trattamenti disumani. Nella sua decisione, il giudice Anderson Chow ha chiarito che l’esecutivo ha l’obbligo di dotarsi di uno strumento indipendente per trattare i reclami dei cittadini contro le Forze dell’ordine.
L’autorità giudiziaria è intervenuta su richiesta dell’Associazione dei giornalisti, seguita allo scoppio delle proteste del movimento anti-estradizione. Dall’estate del 2019, e fino all’emergere della pandemia da coronavirus a inizio anno, il movimento pro-democrazia ha organizzato quasi ogni giorno dimostrazioni per la difesa dell’autonomia cittadina rispetto al potere di Pechino.
Il lancio di un’inchiesta indipendente sulla gestione delle dimostrazioni dello scorso anno da parte della polizia è una delle principali richieste del movimento pro-democrazia, insieme all’introduzione del suffragio universale per la scelta dei governanti.
La decisione dell’Alta corte rigetta la posizione di Carrie Lam, capo dell’esecutivo cittadino. Ella sostiene che il meccanismo esistente è sufficiente ad amministrare i ricorsi presentanti contro gli atti delle Forze dell’ordine, e che un sistema indipendente non è necessario. Al momento sono il Complaints Against Police Office e l’Independent Police Complaints Council, due organi interni della polizia, a verificare le denunce: per il giudice è una violazione dell’articolo 3 della Carta dei diritti del 1991.
La sentenza arriva pochi giorni dopo che un alto dirigente cinese ha dichiarato che Pechino vuole rivedere la Basic Law, la mini-Costituzione locale, compresa la parte che attiene al sistema giudiziario. Il campo democratico teme che la mossa possa erodere l’indipendenza giudiziaria della città, già indebolita in giugno dall’approvazione della nuova legge sulla sicurezza.
Una delle vittime del provvedimento, il magnate dell’editoria Jimmy Lai, proprietario del quotidiano Apple Daily, ha voluto trasmettere però un messaggio di fiducia. Ricevendo ieri il premio Faith and Freedom dell’Acton Institute, egli ha spiegato come la fede abbia sostenuto la sua lotta per la libertà a Hong Kong: “La libertà ha un prezzo, ti porta ad affrontare avversità, a perderti d’animo, ma con la grazia di Dio, con il Signore che condivide le mie sofferenze, io so che posso diventare solo una persona migliore, libera da tutti i fardelli e da tutte le preoccupazioni”.
Fonte: AsiaNews – 19 novembre 2020