Nessuna notizia circa la sorte di Tenzin Dargye, un monaco
arbitrariamente arrestato dalle autorità cinesi nel settembre 2020.
Tenzin Dargye, un religioso di circa trent’anni appartenente al monastero di Barong situato a Kardze, nella tradizionale provincia tibetana del Kham ora incorporata nella provincia del Sichuan, era astato arrestato dalla polizia cinese assieme a un altro monaco nel settembre 2020 per essersi rifiutato di celebrare il 70° anniversario della cosiddetta pacifica liberazione del Tibet. Da una fonte tibetana si era appreso che Tenzin Dargye andava ripetendo che “non avrebbe dovuto esserci alcun 70° anniversario” della “pacifica liberazione”. Si ritiene inoltre che tra le cause del suo arresto figurino anche lo scambio sui social media di informazioni e di documenti ritenuti da Pechino “politicamente sensibili” nonché la presenza sul suo telefono cellulare di fotografie del Dalai Lama.
“E’ trascorso più di un anno dal suo arresto ma finora la famiglia non ha ricevuto alcuna informazione circa il luogo della sua detenzione né conosce se sia stato processato” -, riferisce Radio Free Asia citando una fonte all’interno del Tibet. Alla luce dell’intensificarsi della campagna contro il Dalai Lama e della repressione esercitata dalla Cina, preoccupa la situazione di Tenzin Dargye, l’ultimo di una lunga lista di tibetani scomparsi o detenuti in isolamento.
Un altro monaco, Lobsang Trinley, appartenente al monastero di Kirti, nella Contea di Ngaba, è stato condannato nel settembre del corrente anno a scontare la pena di cinque anni di carcere per avere pubblicato alcuni insegnamenti e scritti del Dalai Lama. Il processo del religioso, appena ventenne, è stato celebrato a porte chiuse, in totale assenza dei suoi avvocati e dei famigliari. E’ stato tradotto nella prigione di Mianyang,
vicina alla città di Chengdu. Secondo un recente rapporto del Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia sono più di 1800 i prigionieri politici tibetani detenuti nelle carceri cinesi, computo difficile a causa della difficoltà di comunicazione tra i tibetani in esilio e quelli all’interno del Tibet.
Fonti: tibet.net – Phayul