Un monaco tibetano non ancora identificato si è dato la morte con il fuoco nella Prefettura Autonoma di Kanlho, nella regione tradizionalmente conosciuta col nome di Amdo.
E’ quanto ha reso noto da Dharamsala il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia (TCHRD) sulla base di informazioni ricevute da fonti all’interno del Tibet. Il monaco, di cui non si conosce l’identità, si è dato fuoco di fronte a un ritratto del Dalai Lama in segno di protesta contro il dilagare della repressione esercitata dalle autorità cinesi sulle istituzioni buddiste tibetane. Il religioso “era in ritiro spirituale nella sua abitazione a Khagya, una cittadina sotto la giurisdizione della prefettura di Tsoe”. Riferisce il TCHRD che i famigliari del monaco deceduto sono stati portati a Tsoe e qui detenuti in un luogo sconosciuto adducendo come pretesto fantomatiche misure anti Covid19. “Potrebbero essere stati infettati da un parente di ritorno da una città della Cina dove svolgeva un lavoro occasionale” (nella foto d’archivio un monaco in preghiera).
Sotto accusa il governatore e vice segretario del partito della prefettura di Kanlho, Yang Wu, ritenuto responsabile dell’inasprimento del controllo sui monasteri e sulle pratiche spirituali dei monaci in ritiro. “Andare in ritiro è una sentita e diffusa pratica buddista”, riferisce il Centro tibetano. “Che un monaco non possa esercitarla in solitudine nella sua abitazione senza interferenze da parte della Cina mostra quanto vasta e capillare sia la repressione contro la religione”. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia chiede che Yang Wu e Yu Chenghui, segretario del partito, siano oggetto di indagine per verificare quanto le loro azioni repressive abbiano indotto il religioso a togliersi la vita. “Chiediamo alle autorità cinesi di porre immediatamente fine a ogni politica che violi i diritti umani e in particolare il diritto alla libertà di religione e di pensiero”, recita inoltre il rapporto.
Al momento la notizia è stata diffusa dal sito tibetano di informazione Phayul e ripresa dal sito indiano theprint.in