Il Dalai Lama e il bambino indiano: in un video la verità su quanto realmente avvenuto

20 aprile 2023

Un breve video sottotitolato in inglese e italiano spiega alla perfezione tutta la strategia messa in atto da Pechino per tentare di distruggere il Dalai Lama.

Questa è la traduzione in italiano per la quale ringraziamo Tenzin Tenzin:

“Negli ultimi giorni, i tibetani di tutto il mondo sono stati orribilmente scioccati e feriti dal forte attacco sui social al loro leader spirituale Sua Santità il Dalai Lama.

Tutto è iniziato con il segmento di un video virale, dove Sua Santità interagisce con un bambino indiano, il 28 febbraio 2023. Ma qual è la verità dietro questo video che è diventato virale? Investighiamo…

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Lungo meno di due minuti, il video è stato manipolato di proposito per creare una percezione negativa di Sua Santità presentando il contenuto fuori dal suo contesto. Prima che apparisse sui media internazionali è stato fatto circolare ampiamente in Tibet e Cina. Poi, nel marzo 2023, un profilo Twitter falso è stato creato con il nome di “Yin Sun@NiSiv4”.

Il primo aprile, un falso profilo YouTube è stato creato con il nome di Robert Reed. Sì, esatto, nel giorno del pesce d’aprile.

È stato creato anche un profilo Facebook falso: ‘Deter Influencers from Child Abuse’ – “Impediamo agli influencer l’abuso di bambini” – (ora rimosso).

Questi account sono stati creati al solo scopo di far circolare questo video.

Il 7 aprile, il profilo falso di Facebook è stato usato per creare una petizione su Change.org “Salviamo i bambini dal Dalai Lama – fermiamo l’abuso di bambini”.

Questo è stato in seguito passato ai notiziari indiani che hanno lanciato il video e la petizione. Lo hanno fatto passare per una “breaking news”, senza esercitare alcun dovuto scrupolo. Per loro si trattava di uno scoop.

I media globali sono stati subito catturati da questa edizione straordinaria, e, in seguito, l’oltraggio social-mediatico è iniziato.

Il 10 aprile, “Yin Sun@NiSiv4” si è fieramente vantato sulla sua pagina Twitter: “Il mondo, dopo aver visto il video, ha deciso… Credo che la maggior parte della gente sarà d’accordo con me sul fatto che Sua xxxx ha usanze strane… Ho rovinato per sempre la sua reputazione.”.

Questo post ora è stato rimosso, ma si può ancora vedere la sua spacconata su Twitter…

Perché non avrebbe dovuto? Con degli account social e un video accuratamente modificato ha preso in giro tutti!”

 

Banalità del male

di Piero Verni

 

C’è qualcosa di malsano, nella vicenda raccontata in questo breve video. Qualcosa di malsano che mi sembra vada ben oltre la vicenda stessa. “Con tre account sui social media e un videoclip accuratamente montato, ha ingannato tutti!!!”. Così semplice. Si prende un episodio che, visto nella sua interezza, non ha scandalizzato nessuno. Episodio che rimane tranquillamente in rete per settimane non suscitando alcun commento o critica. Poi arriva un signore che ne usa le immagini, le manipola, le taglia, le giustappone e isola una breve frase “succhiami la lingua” che all’interno di quel contesto non ha alcun senso (infatti era sbagliata, dovuta ad un errore di inglese). Si confeziona il tutto e, con l’aiuto di tre account creati per l’occasione, si monta dal nulla uno scandalo internazionale. La persona protagonista dell’episodio subisce una gogna mediatica senza precedenti. Il videoclip viene messo in rete e, sic et simpliciter, rimbalza su social e stampa tradizionale. Il fatto che il protagonista dell’episodio abbia alle spalle una lunga esistenza cristallina, mai incrinata da alcuno scandalo… il fatto che l’episodio sia avvenuto in pubblico davanti a oltre cento persone… il fatto che ci fossero telecamere e microfoni che registravano non conta nulla. Parte la caccia al pedofilo, all’orco di bambini, al mostro. Ora, più che alla frase di Umberto Eco (“I social danno la parola a legioni di imbecilli”), quanto accaduto a me ha fatto venire in mente Hannah Arendt e il suo “La Banalità del Male”. Fatta salva, ovviamente, la stellare distanza tra l’immane tragedia dell’Olocausto e quello di cui stiamo parlando. La violenza della forzatura mediatica non è stata colta dalle coscienze di milioni di persone che l’hanno accettata passivamente (tanne quelli felici che si potesse finalmente parlare male di un personaggio così “positivo”) e volentieri se ne sono fatti tramite. E’ questo l’elemento pericoloso. La “banalità” di questa situazione. La banalità del “male” causato. Francamente la cosa che mi ha più sorpreso (e in alcuni casi fatto male) non è tanto la reazione pavloviana di chi non conosceva la persona colpita da questo meccanismo perverso e feroce. Ma quella di quanti lo conoscevano, a volte anche direttamente, avevano ricevuto i suoi insegnamenti, letto i suoi libri, apprezzato il suo pensiero. Anche per costoro, tre account sui social media e un videoclip sapientemente montato, sono stati sufficienti per accogliere e riproporre l’anatema. Questo, soprattutto, ci dovrebbe fare pensare. Ci dovrebbe fare riflettere di quanto sia fragile il nostro vivere civile di fronte alla banalità del male. Purtroppo.