Il testo, scaricabile, è accessibile anche agli utenti della Cina continentale. La pubblicazione cartacea del testo, a cura della New Century Press, è prevista per il 22 giugno. L’editore è Kelvin Bao Pu, figlio di Bao Tong, segretario personale e amico del defunto Zhao Ziyang, segretario comunista nel 1989, che cercò di impedire il massacro.
Nel testo, Li Peng scrive di aver sostenuto la repressione violenta dell’insurrezione del 1989 perché “era sfuggita di mano” e si dice “pronto a morire pur di impedire le manifestazioni di piazza Tiananmen perché il movimento rischiava di ripetere gli orrori della Rivoluzione culturale”. “Dovevamo fermarli”- scrive l’ex premier cinese. Aggiunge che la decisione di imporre la legge marziale e di far intervenire l’esercito per sgombrare piazza Tiananmen occupata dagli studenti fu presa dall’allora numero uno cinese Deng Xiaoping. Alcuni passaggi del suo scritto sono stati pubblicati dal South China Morning Post.
Proprio la figura di Li Peng è stata messa sotto accusa dalle “Madri di Tiananmen” – il gruppo che riunisce i parenti delle vittime del 4 giugno, nella loro lettera annuale al governo e al mondo. Secondo le “Madri”, non è possibile che “nessuno abbia mai chiesto conto all’allora premier per l’accaduto. È forse al di sopra della legge?”.
Tuttavia, qualcosa sembra cambiare: nonostante la feroce censura che Pechino attua sull’argomento Tiananmen, due giorni fa è apparsa sul Southern Metropolitan Daily di Guangzhou una vignetta che rappresentava un ragazzo intento a disegnare l’avanzata di alcuni carri armati contro una figura solitaria. Evidente il riferimento al “ragazzo con il sacchetto”, l’anonimo che fermò per alcuni minuti i cingolati del governo mandati in piazza contro i manifestanti.
Li Peng, che oggi ha 81 anni e si ritiene non goda di buona salute, descrive anche il dibattito all’interno della dirigenza del Partito comunista cinese a partire dall’inizio delle manifestazioni studentesche, nell’aprile del 1989. Secondo alcuni analisti, la pubblicazione delle sue memorie è un modo per cercare di “ripulirsi” l’immagine e addossare la colpa della repressione armata ai vecchi compagni di partito.
Ma Liang Xiaoyan, che nell’89 insegnava all’università di Pechino, ritiene che dal punto di vista storico i diari “siano del tutto inutili”. “Non ha senso conoscere un lato della storia, quando l’altro è stato messo del tutto sotto silenzio: si può cercare la verità dei fatti soltanto con un’atmosfera politica normale”.
In ogni caso, ora si deve stabilire l’autenticità del testo. Secondo l’editore Bao, “l’unica mia preoccupazione è questa. L’interesse del pubblico per il libro è enorme e io credo che vada pubblicato perché fa parte della nostra storia”. “Abbiamo passato mesi a compiere ricerche ed è estremamente improbabile che sia un falso”.
Fonti: AsiaNews – ANSA