HONG KONG: IN 30 MILA PER LIU XIABO E LA PIENA DEMOCRAZIA
LA SVOLTA NEPALESE: IL TIBET FA PARTE DELLACINA: BASTA PROTESTE
Pechino, 31 dicembre 2009 (AsiaNews). Il Nepal “farà di tutto per fermare le attività anti-cinesi sul proprio territorio e riconosce il Tibet e Taiwan come parti inalienabili del territorio governato da Pechino”. Per questo, “non sarà permesso a nessuno di usare il territorio nepalese per danneggiare gli interessi cinesi”. Lo ha detto ieri il primo ministro di Kathmandu, Madhav Kumar Nepal, al presidente cinese Hu Jintao, nel corso della sua prima visita ufficiale a Pechino. Il premier in visita ha incontrato anche il primo ministro Wen Jiabao e il membro del Politburo Wu Bangguo.
CONDANNATO A UNDICI ANNI DI CARCERE IL DISSIDENTE LIU XIAOBO
Pechino, 25 dicembre 2009. Al termine del processo svoltosi a Pechino, la corte ha condannato il dissidente cinese Liu Xiaobo alla pena di undici anni di carcere e alla privazione dei diritti politici per un periodo di due anni sotto l’accusa di “incitamento alla sovversione del potere dello stato”. Gli avvocati di Liu hanno dichiarato all’organizzazione Human Rights in China (HRIC) di ricusare la sentenza in quanto Liu ha solamente esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione. Sembra che Liu ricorrerà in appello.
Sconcertante posizione del governo danese
18 dicembre 2009. Molto scalpore ha suscitato la presa di posizione della Danimarca, paese ospitante la Conferenza ONU sul clima, circa la questione del Tibet. In una nota, i rappresentanti danesi affermano che “la Danimarca tiene in grande conto il punto di vista del governo cinese sul Tibet” e condivide “l’opposizione di Pechino ad incontri … Leggi ancora
VENTI UIGURI IN CAMBOGIA RISCHIANO LA DEPORTAZIONE
Phnom Penh, 20 dicembre 2009 (AsiaNews/Agenzie). Il governo cambogiano ha disposto l’espulsione di venti cinesi di etnia uiguri, fuggiti nel luglio scorso dallo Xinjiang durante la repressione contro la minoranza musulmana. Essi avrebbero varcato “illegalmente” i confini e saranno rimpatriati. La decisione si inchina alle pressioni della Cina, che aveva bollato i rifugiati come “criminali”. Attualmente sono detenuti in una prigione della capitale cambogiana, mani e piedi legati e senza cibo.