Se le torce umane del Tibet incendiano la prateria cinese

di Piero Verni

(Il Riformista, 19 ottobre 2011)

 

In un crescendo impressionante di avvenimenti tragici, due giovani tibetani sono stati ieri abbattuti a raffiche di mitra da agenti della Polizia Cinese mentre dimostravano pacificamente per la liberazione del Tibet. L’episodio è avvenuto nel villaggio di Karze, una prefettura autonoma tibetana dello Sichuan, importante provincia della Cina Popolare.  Poco ore prima della sparatoria Tenzin Wangmo, una monaca ventenne del monastero Dechen Choekhorling della contea di Nnegaba, sempre nello Sichuan, si era data fuoco dopo aver gridato per alcuni minuti slogan in favore della libertà del Tibet. Con la sua morte sono quindi ben nove le persone che quest’anno si sono immolate con il fuoco per protestare contro l’occupazione del Tibet. Cinque solo in queste prime settimane di ottobre.

Quei monaci in fiamme nel Sichuan

di Marco Del Corona

(www.corriere.it, 19 ottobre 2011)


Tenzin Wangmo aveva vent’anni e, viene da pensare, una fede grande quanto la propria disperazione. Monaca tibetana, addosso la tunica spessa di un inverno che ha già preso possesso del Sichuan settentrionale, la giovane religiosa si è cosparsa di carburante e si è data fuoco. Sarebbe stata vista camminare 7 o 8 minuti con il corpo in fiamme, prima di cadere a terra. Poi l’agonia e la morte fuori dal suo monastero, Dechen Chokorling, prefettura di Aba. Uniche parole pronunciate da Wangmo: slogan a sostegno del Dalai Lama e contro la repressione nel Tibet e nelle aree di cultura tibetana ma fuori dai confini amministrativi del Xizang, nome cinese della provincia.

Così la tragedia delle torce umane infiamma il Tibet contro la Cina

di Gabriel Bertinetto

(www.unità.it, 19 ottobre 2011)


 

L’hanno vista correre in strada con la tunica in fiamme. Otto minuti di tormento, prima di accasciarsi al suolo, esanime. Otto minuti in cui la poveretta ha soffocato il dolore delle ustioni inneggiando al Dalai Lama e invocando la fine del dominio cinese. Grida di libertà, non di dolore. 

Così è morta Tenzin Wangmo, 20 anni, monaca del convento buddista di Mamae Dechen Choekhorling, a Ngaba, nel Sichuan, provincia cinese confinante con il Tibet e abitata da molti cittadini di etnia tibetana. Prima di Tenzin altri otto religiosi si erano immolati per protesta quest’anno nel Sichuan. Tutti, tranne uno, appartenevano al monastero di Kirti. Lei è la prima donna, e proviene dalla sezione femminile della stessa struttura religiosa.

Altre due immolazioni in Tibet

di Piero Verni

Il Riformista, 27 settembre 2011

 

Ieri mattina alle 10,30 (ora locale) altri due monaci tibetani si sono dati alle fiamme per protestare contro la repressione cinese in Tibet. Lobsang Kelsang e Lobsang Kunchok, entrambi diciottenni e residenti nel monastero di Kirti situato nella contea di Ngaba (area tibetana dello Sichuan), sono arrivati al locale mercato e dopo aver gridato slogan inneggianti alla libertà religiosa e al ritorno in patria del Dalai Lama, si sono dati fuoco. Agenti della Polizia Armata, che ormai da tre anni pattugliano in forze la zona, sono intervenuti immediatamente catturando i due giovani e portandoli in una località sconosciuta. Fonti attendibili affermano che uno dei due giovani è morto sul luogo dell’immolazione mentre le condizioni dell’altro sono ritenute disperate.

La Cina avverte il Dalai Lama: “Decidiamo noi il successore”

di Raimondo Buldrini

La Repubblica.it, 26 settembre 2011


 

BANGKOK. “Nessuno, nemmeno la Cina ha diritto di decidere chi sarà e dove nascerà la mia prossima reincarnazione”. Il recente annuncio dell’attuale XIV Dalai Lama di avere pronte le “linee guida” per la scelta del XV leader spirituale tibetano, ha scatenato una reazione furiosa delle autorità cinesi. Per bocca del portavoce degli Esteri Hong Lei, Pechino ha detto con chiarezza inedita in una conferenza stampa che “il titolo di Dalai Lama è conferito dal governo centrale cinese e si considera illegale ogni eccezione”. Secondo Hong Lei “non è mai esistita la pratica di un Dalai Lama che identifica il suo proprio successore”.