Dialogo? Sì ma fra sordi. Dharamsala, lo spettro di Gorbaciov e l’ipotesi di una nuova Guerra Fredda
Nuova politica per il Tibet: repressione e modernizzazione
(da AsiaNews.it)
Il governo cinese guidato da Hu Jintao ha indurito in maniera significativa la propria politica rispetto al Tibet, in un apparente tentativo di assicurare in quella sensibile provincia il rispetto del proverbiale detto del Partito comunista cinese: “Lungo regno e stabilità perenne”.
A guidare la Regione autonoma del Tibet (Rat) sono stati nominati nuovi dirigenti di provata fede comunista. Nel frattempo, sono stati stanziati dei fondi senza precedenti per aiutare i 6,5 milioni di tibetani che vivono nella regione, così come nelle province confinanti del Sichuan, Gansu e Qinghai. Ma il fulcro dei nuovi progetti di infrastrutture rimane comunque quello di aiutare la migrazione dei cinesi di etnia han. Queste misure multifunzionali sembrano ideate per evitare possibili scontri quando il 75enne Dalai Lama scomparirà dalla scena. Nel frattempo, le prospettive di riaprire un canale di dialogo fra Pechino e il leader spirituale in esilio sono divenute più esili che mai.
La svolta etica del colosso americano
(Corriere della Sera – 14 gennaio 2010)
La grande muraglia della censura cinese su Internet non cadrà, come il muro di Berlino, per la decisione di Google di eliminare ogni filtro politico dai suoi siti nel Paese asiatico. Avendo passato tutto il 2009 a inasprire la morsa della sorveglianza, Pechino difficilmente si farà imporre un’inversione di rotta da una compagnia americana. Google lo sa bene e, infatti, ha già detto di essere pronta a lasciare la Cina.
Google sfida la Cina: “Non accetteremo più nessuna autocensura”
di Marco Del Corona
(Corriere della Sera – 14 gennaio 2010)
Tutti adesso cercano informazioni: il Segretario di stato americano, Hillary Clinton, chiede delucidazioni alla Cina e la Cina, attraverso l’agenzia Xinhua, chiede lumi a Google. Tutti intorno al gigante del web che in Cina tanto gigante non è (ha solo il 12% del mercato dei motori di ricerca) ma sul piano globale sì, tutti a tentare di capire cosa succederà dopo l’annuncio dei suoi dirigenti americani. Google, infatti, ha spiegato che Haker cinesi in dicembre hanno violato il suo sistema e sono entrati in diversi account di posta elettronica in modo “sofisticato e mirato”. Non indirizzi qualsiasi, ma di attivi visti per i diritti umani, in Cina e no. Stessa sorte avrebbero subito una trentina di aziende. Ne deriva che il motore di ricerca nella sua edizione cinese smetterà di fornire contenuti autocensurati, “anche se questo potrebbe certo significare la fine di Google.cn e potenzialmente la chiusura dei nostri uffici in Cina”. Nel dubbio, dalla Casa Bianca un appoggio indiretto ma chiaro: “Sosteniamo un Internet libero”.