Il dramma delle immolazioni

di Dacia Maraini

Corriere della Sera – 2 giugno 2012

Quei giovani tibetani votati al sacrificio che Pechino reprime come «terroristi»

Rikyo aveva 33 anni e tre figli. Si è data fuoco davanti al monastero di Jonang Zamthang Gonchen

Una giovane donna tibetana, madre di tre figli, si è data fuoco per protestare contro la Cina colonizzatrice il 31 maggio scorso. Si chiamava Rikyo, aveva 33 anni. Lascia tre figli piccoli, un bambino di 9 anni e due bambine di 7 e 5 anni. Rikyo si è cosparsa di benzina e freddamente si è gettata addosso un fiammifero acceso davanti al monastero di Jonang Zamthang Gonchen, nella contea di Zamthang, nella regione di Ngaba. Anche i cinesi sono rimasti scossi perché Rikyo è la prima madre tibetana che si dà fuoco, dopo una lunga catena di suicidi dimostrativi maschili, trentotto in tutto. Gli ultimi, prima della donna, sono stati due fratelli, Dargye e Tabgye Tseten, due ragazzi dolcissimi, di cui ci rimangono solo alcune foto rubate coi telefonini. Ci si chiede: com’ è possibile che un Paese gigantesco, potente, ricco, sapiente di una antica sapienza, non capisca che questo accanirsi contro un piccolo popolo montanaro che chiede solo un poco di libertà è stupido oltre che vile?

Il mio amico Nobel Liu Xiaobo cancellato dal regime cinese

di Gian Micalessi
Il Giornale – 10 giugno 2012

«Liu Xiaobo non è più un premio Nobel, ma un desaparecido. Le ultime notizie sicure su di lui le ho avute il 18 ottobre 2010 quando ho parlato per l’ultima volta al telefono con sua moglie. 
Poi lei e lui sono stati cancellati dalla faccia della Terra. Il giorno dopo la moglie è stata segregata in casa, condannata agli arresti domiciliari per impedirle di raccontare la sorte di quel marito condannato a 11 anni di galera e sepolto in un carcere a 450 chilometri da Pechino».

I martiri del Tibet sfidano la Cina

di Vittorio Zucconi

La Repubblica, 27 marzo 2012

Morire senza uccidere altri, soltanto per testimoniare la propria fede o la propria disperazione, come il giovane monaco tibetano Jampa Yeshi nel falò di se stesso. E’ la definizione del martirio vero. Non c’è stato neppure bisogno di attendere l’avvento di internet, che ha subito reso “virale”, dunque visto da milioni di persone, la smorfia di questo tibetano di ventisette anni immolatosi per segnalare ancora una volta l’infamia dell’oppressione cinese nel Tibet. Il suo volto distorto in uno spasmo orrifico che sembra grottescamente un sorriso si aggiunge a una galleria di immagini che esplosero per la prima volta nella coscienza del mondo cinquant’anni or sono, nel falò del “bonzo”, come allora erano definiti, Quang Duc, in una strada di Saigon per protestare contro il despota cattolico Ngo Dinh Diem, poi fatto fuori per ordine di Washington.