I martiri del Tibet sfidano la Cina
di Vittorio Zucconi
La Repubblica, 27 marzo 2012
Morire senza uccidere altri, soltanto per testimoniare la propria fede o la propria disperazione, come il giovane monaco tibetano Jampa Yeshi nel falò di se stesso. E’ la definizione del martirio vero. Non c’è stato neppure bisogno di attendere l’avvento di internet, che ha subito reso “virale”, dunque visto da milioni di persone, la smorfia di questo tibetano di ventisette anni immolatosi per segnalare ancora una volta l’infamia dell’oppressione cinese nel Tibet. Il suo volto distorto in uno spasmo orrifico che sembra grottescamente un sorriso si aggiunge a una galleria di immagini che esplosero per la prima volta nella coscienza del mondo cinquant’anni or sono, nel falò del “bonzo”, come allora erano definiti, Quang Duc, in una strada di Saigon per protestare contro il despota cattolico Ngo Dinh Diem, poi fatto fuori per ordine di Washington.