Tibet libero, sciopero della fame

di Piero Verni

Espresso/repubblica.it, 14 marzo 2012

 

 

Il nostro obiettivo è ottenere l’indipendenza per il Tibet e la democrazia in Cina. Stiamo lottando perché il Dalai Lama possa tornare al più presto in un Tibet libero”. Sono le parole che mi sussurra con un filo di voce Shingza Rinpoche, un importante lama tibetano giunto oggi al 21° giorno di sciopero della fame. Siamo a New York, in uno spiazzo di fronte al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite dove il Tibetan Youth Congress, una delle principali NGO della diaspora tibetana, ha organizzato un “Indefinite Hunger Strike for Tibet” a cui oltre al religioso partecipano due laici, Dorje Gyalpo nato il 5 marzo 1953 nel Tibet meridionale e Yeshi Tenzin nato il 15 marzo 1973 in India.

La rivolta tibetana ora punta su Lhasa

di Piero Verni

Il Riformista – 29 febbraio 2012


Nelle ultime ore hanno cominciato a circolare voci incontrollabili su un presunto attentato fallito il 26 febbraio di fronte a un edificio governativo di Rinchenling, un villaggio nella prefettura autonoma di Garze della provincia cinese del Sichuan. L’attentatore avrebbe perso la vita.

Segnali di resistenza, non atti disperati

Un articolo di Christophe Besuchet

2 febbraio 2012. Pubblichiamo questo interessante e stimolante articolo di Christophe Besuchet che, da un diverso punto di vista rispetto al comune sentire, ci aiuta a dare un senso ai numerosi casi di auto immolazione avvenuti in Tibet. Non si tratta – afferma l’autore – di atti dettati dalla disperazione ma di consapevoli ed eroici atti di resistenza destinati non solo a dare speranza ma anche ad unire e ispirare milioni di tibetani che si battono contro l’oppressione cinese.

“DIECI, CENTO, MILLE WUKAN” – CAMPAGNE CINESI IN RIVOLTA

di Paolo Solom

Corriere della Sera – 28 gennaio 201


La parola d’ordine corre di villaggio in villaggio. “Impariamo da Wokan”, gridano i contadini e residenti stufi delle “prepotenze” di costruttori e funzionari locali che – spesso in combutta – strappano loro, letteralmente, la terra sotto i piedi. Perché la Cina non si può fermare. Deve continuare a costruire, espandersi, produrre. Autostrade, ferrovie, palazzi: intorno alle megalopoli lo spazio vale oro, mentre spesso chi lo abita non vale nulla, almeno agli occhi di chi ha obiettivi “più alti”.