Altre due immolazioni in Tibet

di Piero Verni

Il Riformista, 27 settembre 2011

 

Ieri mattina alle 10,30 (ora locale) altri due monaci tibetani si sono dati alle fiamme per protestare contro la repressione cinese in Tibet. Lobsang Kelsang e Lobsang Kunchok, entrambi diciottenni e residenti nel monastero di Kirti situato nella contea di Ngaba (area tibetana dello Sichuan), sono arrivati al locale mercato e dopo aver gridato slogan inneggianti alla libertà religiosa e al ritorno in patria del Dalai Lama, si sono dati fuoco. Agenti della Polizia Armata, che ormai da tre anni pattugliano in forze la zona, sono intervenuti immediatamente catturando i due giovani e portandoli in una località sconosciuta. Fonti attendibili affermano che uno dei due giovani è morto sul luogo dell’immolazione mentre le condizioni dell’altro sono ritenute disperate.

La Cina avverte il Dalai Lama: “Decidiamo noi il successore”

di Raimondo Buldrini

La Repubblica.it, 26 settembre 2011


 

BANGKOK. “Nessuno, nemmeno la Cina ha diritto di decidere chi sarà e dove nascerà la mia prossima reincarnazione”. Il recente annuncio dell’attuale XIV Dalai Lama di avere pronte le “linee guida” per la scelta del XV leader spirituale tibetano, ha scatenato una reazione furiosa delle autorità cinesi. Per bocca del portavoce degli Esteri Hong Lei, Pechino ha detto con chiarezza inedita in una conferenza stampa che “il titolo di Dalai Lama è conferito dal governo centrale cinese e si considera illegale ogni eccezione”. Secondo Hong Lei “non è mai esistita la pratica di un Dalai Lama che identifica il suo proprio successore”.

I censori cinesi tagliano le pagine di Ai Weiwei

di Marco Del Corona 

Corriere della Sera, 4 settembre 2011


Succedono cose nello strano limbo di Ai Weiwei. L’artista reinventatosi critico (del potere) sarebbe obbligato a tacere, condizione che ha accompagnato il suo rilascio, in giugno, dopo 81 giorni di detenzione. Né al momento è stato comunicato se e quando sarà processato per i reati fiscali che gli sono stati attribuiti insieme con accuse di pornografia e bigamia. Tuttavia i censori di Pechino sono tornati a occuparsi di lui. Le copie distribuite in Cina del settimanale americano Newsweek , infatti, sono state consegnate nelle poche rivendite (in centri commerciali e alberghi internazionali) senza la pagina che conteneva un articolo a firma proprio di Ai. Un testo «alla» Ai Weiwei. Nel quale, nell’inglese efficace metabolizzato durante la sua lontana scapigliatura newyorkese, parla di una Pechino città «della disperazione», di migranti «schiavi», di funzionari che «ci negano diritti basilari».

Così Pechino cambia faccia al Tibet: Il Buddismo diventa un business

di Lucia Pozzi

Il Messaggero.it  – 27 agosto 2011

 

 

LHASA – E’ tutto diverso il volto di Lhasa da quel 14 marzo del 2008 che ne insanguinò le strade. Non si fa più tappa obbligata davanti ai resti della guerriglia lungo la Beijing Rd, l’arteria principale che segna la città passando di fronte al Potala, con quei negozi messi a ferro e fuoco che per diversi mesi Pechino aveva ordinato di mostrare ai media stranieri per far vedere quanto fosse stata violenta la sommossa dei tibetani contro i cinesi Han. Tornare oggi a Lhasa, con un gruppo di giornalisti invitati dal governo centrale, significa assistere a tutt’altro film: quello di un agglomerato urbano che si espande sempre più velocemente come una qualunque città cinese, con l’ansia di modernizzazione che soffoca le radici di una spiritualità antica; quello di un’idea di sviluppo e di progresso che fa del cuore del buddismo tibetano una macchina per far soldi attraverso il turismo e le nuove attività d’impresa incoraggiate da Pechino con una mirata politica di sgravi e agevolazioni economiche.

Tibet in Fiamme

di Piero Verni

(Il Riformista – 17 agosto 2011)

 

Nonostante le rassicurazioni di Pechino, la situazione nella Regione Autonoma del Tibet e nelle aree tibetane incorporate dal 1965 in alcune province cinesi è tutt’altro che normalizzata a due anni dalla vasta e sanguinosa esplosione di collera della primavera 2008.

Tragica dimostrazione del perdurare di questo stato di crisi è l’immolazione di Tsewang Norbu un giovane monaco del monastero di Nyitso che, alle 12,30 del 15 agosto, si è dato fuoco dopo aver gridato per alcuni minuti slogans inneggianti all’indipendenza del Tibet e al ritorno in patria del Dalai Lama.