Lobsang Sangay sostituisce il Dalai Lama alla guida politica del Tibet
di Enrica Garzilli
(Il Fatto Quotidiano, 8 Agosto 2011)
Il giorno più importante per il Tibet
di Piero Verni
(Il Riformista, 9 Agosto 2011)
Dalle 09,09.09, un numero che la tradizione del Tibet associa alla longevità, di ieri mattina il dottor Lobsang Sangay è ufficialmente il nuovo primo ministro (Kalon Tripa) del governo tibetano in esilio. Nel corso di una affollata cerimonia tenutasi nel tempio principale di Dharamsala, la cittadina dell’India settentrionale divenuta capitale morale della comunità degli esuli, il Dalai Lama ha trasmesso a questo giovane leader nato in esilio 43 anni or sono e mai stato in Tibet, la responsabilità di guidare il popolo tibetano in uno dei più difficili momenti della millenaria storia del Paese delle Nevi.
L’Italia tenta di sedurre il colosso cinese
di Maurizio Caprara
(Corriere.it, 20 luglio 2011)
SHANGAI – «Abbiamo trovato in Cina comprensione, amicizia, considerazione», ha detto Franco Frattini da un palco dell’Expo di Shangai, la fiera internazionale del 2010 nella quale l’Italia si prefigge di riaprire dal marzo prossimo il proprio padiglione di prodotti e capolavori nazionali già visitato da sette milioni di persone. Il ministro degli Esteri italiano ha garantito che continueranno a lavorare a questo progetto l’ambasciatore a Pechino Massimo Iannucci e il console generale a Shangai Vincenzo De Luca. Ma non è soltanto riproponendo nella fiera il marchio della Ferrari e opere d’arte aviotrasportate che il governo di Silvio Berlusconi punta a ridurre i rischi di un’Italia in posizione troppo marginale nell’immenso mercato cinese. La realpolitik che attira comprensione si sta spingendo quasi ai limiti di quanto l’appartenenza del nostro Paese all’Occidente e all’Unione europea permettono.
Il Partito comunista cinese viola la legge ma colpisce se stesso
di Wei Jingsheng
20 giugno 2011
I comunisti di mercato e la repressione
Ora è chiaro qual è stato il vero errore che fin dall’inizio ha delegittimato agli occhi dell’opinione pubblica mondiale il comunismo sovietico e il suo sistema, provocandone alla fine il crollo. Non è stato aver messo in piedi un regime spietato di illibertà e di dispotismo. No: è stato aver creduto davvero che nel mondo ci fosse spazio per qualcosa di diverso dal capitalismo. Se l’Urss, infatti, avesse mantenuto i gulag e il Kgb ma lasciato perdere l’abolizione della proprietà privata, il socialismo e tutto il resto, si può essere sicuri che a quest’ora la bandiera rossa sventolerebbe ancora sul Cremlino. E in questa parte del mondo tutti sarebbero felici e contenti. Così come – per l’appunto – tutti sono felici e contenti in Occidente, e perlopiù nessuno ha niente da ridire, quando oggi si nomina la Cina. Il cui partito comunista, da sessant’anni al potere, s’appresta a celebrare in gran pompa, fra pochi giorni, il 90° anniversario della sua fondazione.