Lobsang Sangay sostituisce il Dalai Lama alla guida politica del Tibet

di Enrica Garzilli

(Il Fatto Quotidiano, 8 Agosto 2011)

 

 

Lobsang Sangay, 43enne tibetano, Research Fellow al dipartimento di giurisprudenza di Harvard, ha prestato giuramento nel tempio Tsuglagkhang, a Dharamsala, in India, diventando ufficialmente il terzo primo ministro del governo tibetano in esilio.
Sangay ha giurato alla presenza del Dalai Lama e davanti al capo dell’Alta corte tibetana Ngwang Phelgyal Gyechen, rimpiazzando Samdong Rimpoche come Kalon Tripa, cioè primo ministro della Amministrazione Centrale Tibetana. Il giorno è particolarmente fausto perché, come ha ricordato Sangay nel suo primo discorso ufficiale , oggi si celebra la nascita del venerato Guru Rinpoche, il grande yogin ed esorcista che diffuse il buddhismo in Tibet.

Il giorno più importante per il Tibet

di Piero Verni

(Il Riformista, 9 Agosto 2011)

 

Dalle 09,09.09, un numero che la tradizione del Tibet associa alla longevità, di ieri mattina il dottor Lobsang Sangay è ufficialmente il nuovo primo ministro (Kalon Tripa) del governo tibetano in esilio. Nel corso di una affollata cerimonia tenutasi nel tempio principale di Dharamsala, la cittadina dell’India settentrionale divenuta capitale morale della comunità degli esuli, il Dalai Lama ha trasmesso a questo giovane leader nato in esilio 43 anni or sono e mai stato in Tibet, la responsabilità di guidare il popolo tibetano in uno dei più difficili momenti della millenaria storia del Paese delle Nevi.

L’Italia tenta di sedurre il colosso cinese

di Maurizio Caprara

(Corriere.it, 20 luglio 2011)

 

SHANGAI – «Abbiamo trovato in Cina comprensione, amicizia, considerazione», ha detto Franco Frattini da un palco dell’Expo di Shangai, la fiera internazionale del 2010 nella quale l’Italia si prefigge di riaprire dal marzo prossimo il proprio padiglione di prodotti e capolavori nazionali già visitato da sette milioni di persone. Il ministro degli Esteri italiano ha garantito che continueranno a lavorare a questo progetto l’ambasciatore a Pechino Massimo Iannucci e il console generale a Shangai Vincenzo De Luca. Ma non è soltanto riproponendo nella fiera il marchio della Ferrari e opere d’arte aviotrasportate che il governo di Silvio Berlusconi punta a ridurre i rischi di un’Italia in posizione troppo marginale nell’immenso mercato cinese. La realpolitik che attira comprensione si sta spingendo quasi ai limiti di quanto l’appartenenza del nostro Paese all’Occidente e all’Unione europea permettono.

Il Partito comunista cinese viola la legge ma colpisce se stesso

di Wei Jingsheng 

20 giugno 2011

 

Washington (AsiaNews) – Negli ultimi tempi abbiamo iniziato a essere molto preoccupati per due casi di giurisprudenza molto importanti. Il primo è la sparizione dell’artista Ai Weiwei, mentre il secondo è il caso dell’avvocato Li Zhuang di Chongqing. Questi due casi sembrano avere molto poco in comune: invece hanno un collegamento diretto e interno. Questo collegamento va cercato nel ritorno della politica del Partito comunista cinese “a sinistra”: passo dopo passo, in Cina sta tornando la dittatura su larga scala dell’era della Rivoluzione culturale. La caratteristica di questa dittatura su larga scala è la rimozione della protezione legale, che viene rimpiazzata dal desiderio capriccioso del Partito. I desideri dei leader comunisti, di tutti i livelli, decidono tutto. Usando una frase onesta della moglie di Mao Zedong, Jiang Qing, possiamo dire che il Partito “è così senza diritto che arriva ad ignorare persino Dio”. Usando la dichiarazione standard del Partito, invece, “non bisogna cercare di usare la legge come uno scudo”.

I comunisti di mercato e la repressione

di Ernesto Galli Della Loggia
(Corriere della Sera,19 giugno 2011)

 

Ora è chiaro qual è stato il vero errore che fin dall’inizio ha delegittimato agli occhi dell’opinione pubblica mondiale il comunismo sovietico e il suo sistema, provocandone alla fine il crollo. Non è stato aver messo in piedi un regime spietato di illibertà e di dispotismo. No: è stato aver creduto davvero che nel mondo ci fosse spazio per qualcosa di diverso dal capitalismo. Se l’Urss, infatti, avesse mantenuto i gulag e il Kgb ma lasciato perdere l’abolizione della proprietà privata, il socialismo e tutto il resto, si può essere sicuri che a quest’ora la bandiera rossa sventolerebbe ancora sul Cremlino. E in questa parte del mondo tutti sarebbero felici e contenti. Così come – per l’appunto – tutti sono felici e contenti in Occidente, e perlopiù nessuno ha niente da ridire, quando oggi si nomina la Cina. Il cui partito comunista, da sessant’anni al potere, s’appresta a celebrare in gran pompa, fra pochi giorni, il 90° anniversario della sua fondazione.