I comunisti di mercato e la repressione

di Ernesto Galli Della Loggia
(Corriere della Sera,19 giugno 2011)

 

Ora è chiaro qual è stato il vero errore che fin dall’inizio ha delegittimato agli occhi dell’opinione pubblica mondiale il comunismo sovietico e il suo sistema, provocandone alla fine il crollo. Non è stato aver messo in piedi un regime spietato di illibertà e di dispotismo. No: è stato aver creduto davvero che nel mondo ci fosse spazio per qualcosa di diverso dal capitalismo. Se l’Urss, infatti, avesse mantenuto i gulag e il Kgb ma lasciato perdere l’abolizione della proprietà privata, il socialismo e tutto il resto, si può essere sicuri che a quest’ora la bandiera rossa sventolerebbe ancora sul Cremlino. E in questa parte del mondo tutti sarebbero felici e contenti. Così come – per l’appunto – tutti sono felici e contenti in Occidente, e perlopiù nessuno ha niente da ridire, quando oggi si nomina la Cina. Il cui partito comunista, da sessant’anni al potere, s’appresta a celebrare in gran pompa, fra pochi giorni, il 90° anniversario della sua fondazione.

Intervista a Lobsang Sangay

di Nirmala Carvalho

(AsiaNews, 23 maggio 2011)

 

Dharamsala (AsiaNews). Affrontare e sfidare l’oppressione e le ingiustizie, sempre tenendo aperto il dialogo con la controparte: così il nuovo premier del governo tibetano in esilio vuole lavorare per risolvere la questione tibetana. Per Lobsang Sangay, il nuovo Kalon Tripa, dare sostegno alla causa e al popolo del Tibet è “un onore e un privilegio”. La questione tibetana diviene “predominante” a livello internazionale, ora che India e Cina stanno per affermarsi in maniera definitiva come le due future superpotenze mondiali. Professore universitario di legge all’università di Harvard, Lobsang Sangay, 43 anni, è stato eletto democraticamente lo scorso 20 marzo. Il nuovo primo ministro ha rilevato tutte le funzioni politiche che da secoli sono prerogativa del Dalai Lama. Il XIV “Oceano di saggezza” aveva annunciato la rinuncia ai poteri temporali il 10 marzo scorso. Intanto, Pechino definisce il nuovo premier “illegittimo” e dichiara di non avere alcuna intenzione di trattare con lui o con il suo esecutivo. Di seguito, l’intervista esclusiva del nuovo Kalon Tripa ad AsiaNews.

Il nuovo Kalon Tripa

di Piero Verni

(Il Riformista – 28 aprile 2011)

 

Jampel Thosang, portavoce della Commissione Elettorale della “Central Tibetan Administration” ha annunciato ufficialmente ieri che Lobsang Sangay sarà il nuovo Kalon Tripa, vale a dire il Primo Ministro del Governo tibetano in esilio. Sangay è nato nel 1968 nella cittadina indiana di Darjeeling. Dopo un eccellente corso di studi in India nel 2004, primo tibetano nella storia, ottiene una laurea in legge nella prestigiosa università di Harvard. E’ un esperto di legislazione internazionale ed in particolare della politica cinese contemporanea e degli aspetti legali del problema tibetano. Nel 2003 e nel 2009 ha organizzato, proprio ad Harvard, due importanti incontri tra il Dalai Lama e alcuni studiosi cinesi di alto livello. Nel 2007 ha preso parte al “World Justice Forum” tenutosi in quell’anno a Vienna.

UN TIBET SENZA IL DALAI LAMA

di Carlo Buldrini

(Il Foglio – 13 aprile 2011)

 

Le elezioni si sono svolte il 20 marzo ma sarà solo il prossimo 27 aprile che si saprà chi, tra i tre candidati Lobsang Sangay, Tenzin Namgyal Tethong e Tashi Wangdi, sarà stato eletto per i prossimi cinque anni “kalon tripa” (primo ministro) del Governo tibetano in esilio. Sarà lui a ereditare, dopo 369 anni, il potere politico che fu già dei Dalai Lama.

La storia spesso riserva sorprese: dopo 52 anni di resistenza i tibetani continuano a sperare

di Francesco Pullia

 

 

Sono ormai trascorsi ben cinquantadue anni da quando, il 10 marzo 1959, i tibetani si ribellarono apertamente alle gravi conseguenze dell’invasione del 1950 da parte della Cina comunista. La “rivolta di Lhasa”, così come viene ricordata, finì nel sangue. La repressione compiuta dall’esercito cinese fu durissima e segnò una tragica svolta.
Il Dalai Lama, non ancora quattordicenne, fu costretto a seguire la via dell’esilio in India dove, dopo un viaggio spossante tra gli insidiosi valichi innevati, trovò ospitalità insieme ad oltre centomila profughi. Lì diede successivamente vita ad un governo democratico, con sede a Dharamsala, nell’Himachal Pradesh, nel Nord dell’India, con lo scopo di sostenere la lotta dei tibetani e la sopravvivenza al genocidio perpetrato da Pechino.