Obama: “Vedrò il Dalai Lama” Cina: “Un incontro minerebbe relazioni”

da Repubblica
083952901-9b45c846-c89b-4ff1-b6ce-b7124be74461PECHINO – Dopo settimane di incertezze e polemiche, Barack Obama ha deciso di compiere un passo che aprirà una forte controversia con la Cina e ha annunciato che incontrerà il Dalai Lama durante la visita che il leader spirituale tibetano compirà a Washington. “Il presidente Obama ha detto in novembre ai leader cinesi, durante il suo viaggio in Cina, che aveva intenzione di incontrare il Dalai Lama in futuro”, ha detto il portavoce della Casa Bianca Bill Burton.

Obama-Dalai Lama, la Cina non cede “Fermamente contrari a qualsiasi incontro”

da Repubblica
074737003-9a89936d-d665-46d4-9ff4-046b1547d84aPECHINO – Nessun margine di tolleranza. Anzi, l’ennesimo monito agli Stati Uniti, e sempre lo stesso: le a rischio le relazioni fra Washington e Pechino. Il commento è fermo e chiaro: la Cina è “fermamente contraria” a qualsiasi incontro fra Barack Obama e il Dalai Lama. A pochi giorni dalla decisione dell’amministrazione americana di vendere una consistente partita di materiale bellico a Taiwan, con la conseguente reazione “indignata” della Repubblica popolare, un’altra mossa del capo della Casa Bianca mette a dura prova i rapporti con la Cina. L’annuncio di un incontro fra il presidente e il leader spirituale tibetano – previsto durante la visita che quest’ultimo compirà a Washington dalla metà di febbraio – ha suscitato la reazione di Pechino che attraverso il portavoce del ministero degli Esteri, Ma Zhaoxu, fa sapere che Pechino “si oppone fermamente a che il leader degli Stati Uniti abbia contatti con il Dalai Lama, con qualsiasi pretesto e in qualsiasi forma”.

Dialogo? Sì ma fra sordi. Dharamsala, lo spettro di Gorbaciov e l’ipotesi di una nuova Guerra Fredda

610xPechino, 2 febbraio 2010, ore 10 (ora locale). Zhu Weiqun, vice ministro del “United Front Work Department” (UFWD) del Partito Comunista Cinese, tiene una conferenza stampa per chiarire il punto di vista di Pechino dopo la conclusione  del 9° incontro tra i due inviati del Dalai Lama (Lodi Gyari e Kelsang Gyaltsen), lo stesso Zhu e altri dirigenti cinesi. Viste oggi dalla capitale cinese le prospettive del “dialogo sino-tibetano” sembrano più nere che mai. Infatti Zhu, dopo aver chiarito che, il Dalai Lama non può ergersi a rappresentante del popolo tibetano, ha tenuto a precisare che, “Il governo centrale cinese e quello della Regione Autonoma del Tibet sono i soli rappresentanti dei tibetani”, aggiungendo per maggior chiarezza, “… il cosiddetto ‘Governo tibetano in esilio’ rappresenta una violazione delle leggi cinesi”.

Nuova politica per il Tibet: repressione e modernizzazione

di Willy Wo-lap Lam
(da AsiaNews.it)

Il governo cinese guidato da Hu Jintao ha indurito in maniera significativa la propria politica rispetto al Tibet, in un apparente tentativo di assicurare in quella sensibile provincia il rispetto del proverbiale detto del Partito comunista cinese: “Lungo regno e stabilità perenne”.

A guidare la Regione autonoma del Tibet (Rat) sono stati nominati nuovi dirigenti di provata fede comunista. Nel frattempo, sono stati stanziati dei fondi senza precedenti per aiutare i 6,5 milioni di tibetani che vivono nella regione, così come nelle province confinanti del Sichuan, Gansu e Qinghai. Ma il fulcro dei nuovi progetti di infrastrutture rimane comunque quello di aiutare la migrazione dei cinesi di etnia han. Queste misure multifunzionali sembrano ideate per evitare possibili scontri quando il 75enne Dalai Lama scomparirà dalla scena. Nel frattempo, le prospettive di riaprire un canale di dialogo fra Pechino e il leader spirituale in esilio sono divenute più esili che mai.

La svolta etica del colosso americano

di Massimo Gaggi
(Corriere della Sera – 14 gennaio 2010)

La grande muraglia della censura cinese su Internet non cadrà, come il muro di Berlino, per la decisione di Google di eliminare ogni filtro politico dai suoi siti nel Paese asiatico. Avendo passato tutto il 2009 a inasprire la morsa della sorveglianza, Pechino difficilmente si farà imporre un’inversione di rotta da una compagnia americana. Google lo sa bene e, infatti, ha già detto di essere pronta a lasciare la Cina.