La svolta etica del colosso americano
(Corriere della Sera – 14 gennaio 2010)
La grande muraglia della censura cinese su Internet non cadrà, come il muro di Berlino, per la decisione di Google di eliminare ogni filtro politico dai suoi siti nel Paese asiatico. Avendo passato tutto il 2009 a inasprire la morsa della sorveglianza, Pechino difficilmente si farà imporre un’inversione di rotta da una compagnia americana. Google lo sa bene e, infatti, ha già detto di essere pronta a lasciare la Cina.
Google sfida la Cina: “Non accetteremo più nessuna autocensura”
di Marco Del Corona
(Corriere della Sera – 14 gennaio 2010)
Tutti adesso cercano informazioni: il Segretario di stato americano, Hillary Clinton, chiede delucidazioni alla Cina e la Cina, attraverso l’agenzia Xinhua, chiede lumi a Google. Tutti intorno al gigante del web che in Cina tanto gigante non è (ha solo il 12% del mercato dei motori di ricerca) ma sul piano globale sì, tutti a tentare di capire cosa succederà dopo l’annuncio dei suoi dirigenti americani. Google, infatti, ha spiegato che Haker cinesi in dicembre hanno violato il suo sistema e sono entrati in diversi account di posta elettronica in modo “sofisticato e mirato”. Non indirizzi qualsiasi, ma di attivi visti per i diritti umani, in Cina e no. Stessa sorte avrebbero subito una trentina di aziende. Ne deriva che il motore di ricerca nella sua edizione cinese smetterà di fornire contenuti autocensurati, “anche se questo potrebbe certo significare la fine di Google.cn e potenzialmente la chiusura dei nostri uffici in Cina”. Nel dubbio, dalla Casa Bianca un appoggio indiretto ma chiaro: “Sosteniamo un Internet libero”.
Ma dopo le Olimpiadi non dovevano diventare più buoni?
La Cina è lontana
02 gennaio 2010 (www.unità.it) Persino Apple, l’azienda di “think different” ha dovuto cedere. Operando una censura sulle applicazioni per iPhone che riguardano il Tibet e il Dalai Lama. Chi utilizza un iPhone in Cina, e vuole scaricare quelle applicazioni non può farlo, perché Apple le ha tolte. Reporter senza frontiere, in una nota indignata, ha … Leggi ancora
Un satyagraha di massa per il Tibet
di Francesco Pullia
Può il Tibet stare nella Cina come il Sud Tirolo-Alto Adige nel nostro Stato? Il quesito, non privo di risvolti shakespeariani, si ripresenta ogniqualvolta capiti di ascoltare il Dalai Lama e la sua proposta di soluzione di una vicenda che si protrae ormai da quasi sessant’anni, da quando cioè le truppe della Cina comunista, in aperta violazione del diritto internazionale e, diciamolo pure, nel pieno disinteresse dei governi occidentali, invasero il Paese delle Nevi sotto la spinta della rivoluzione maoista.