Nonviolenza e autonomia per il Tibet, la ragionevole via del Dalai Lama
di Francesco Pullia
Lo hanno dipinto come un uomo solo, amato dalla sua gente, dai tibetani che lo chiamano Kundun, Presenza, riconoscendo in lui l’incarnazione del bodhisattva della Compassione, cioè di un essere supremo che, spinto da profondo amore per tutti gli esseri senzienti, ha scelto di tornare in questa vita per stare al nostro fianco e indicarci la via della liberazione dalle catene della sofferenza, del dolore. E di sofferenza e dolore, lui ne ha provato e ne prova tanto, ascoltando i racconti dei profughi che, sfidando prove inenarrabili, lo raggiungono in India, a Dharamasala.