26 gennaio 2017. I tibetani rientrati in Tibet dall’India prima dell’inizio del conferimento dell’Iniziazione di Kalachakra sono stati convocati e interrogati dalle autorità cinesi che hanno inoltre confiscato a strappato i loro passaporti rendendoli inutilizzabili.
Radio Free Asia riferisce che ai tibetani, al loro rientro convocati negli uffici governativi, sono state chieste notizie dettagliate sul viaggio, sulle località visitate, sulle persone conosciute e gli acquisti effettuati. I loro passaporti sono stati confiscati, strappati e resi di conseguenza inservibili fin dal momento dello sbarco dei pellegrini sia negli aeroporti del Tibet occupato sia negli aeroporti cinesi. Il sito tibetano di informazione Phayul ha confermato la notizia: “I passaporti sono stati confiscati e lacerati al momento dell’ arrivo dei tibetani all’aeroporto di Chendu o sbarcati invece negli scali cinesi di Canton o Kunming (nella provincia dello Yunnan)”. Difficile prevedere se e quando ai tibetani saranno rilasciati nuovi documenti di viaggio.
Preoccupa la sorte dei tibetani che, disattendendo le ingiunzioni cinesi, hanno scelto di rimanere in India per presenziare alla cerimonia. Dal Nepal, fonti tibetane hanno fatto sapere che il governo cinese è in possesso dei nominativi di quanti non hanno fatto ritorno in Tibet prima del Kalachakra. “Quando faranno ritorno alle loro città e villaggi saranno sottoposti a sessioni di ri-educazione patriottica o subiranno forse pene peggiori” – ha riferito a Phayul la stessa fonte che ha preferito mantenere l’anonimato. Le autorità cinesi avevano preannunciato che severe pene detentive, di lunghezza variabile da pochi mesi a cinque anni, sarebbero state inflitte a quanti non avessero fatto ritorno immediato in Tibet.
Il rapporto annuale del gruppo a difesa dei diritti umani Human Rights Watch denuncia l’assenza, nel Tibet occupato, dei diritti fondamentali di parola, assemblea e movimento. “Nel 2016 le autorità, in nome dell’anti separatismo e del mantenimento della stabilità, hanno impedito a quasi tutti i residenti nella cosiddetta Regione Autonoma di recarsi all’estero pur non sussistendo reali motivi di minaccia alla sicurezza”.
Fonti: Radio Free Asia – Phayul